Investire nella cura dell’infanzia fa la pensione più ricca

Investire nella cura dell’infanzia fa la pensione più ricca

Una ricerca australiana svela i benefici degli aiuti per i figli dei dipendenti. Che agevolano la riduzione del gender gap

 

Le donne potrebbero usufruire fino a 118mila dollari (circa 107mila euro) di pensione in più se i programmi di assistenza all’infanzia fossero maggiormente accessibili dal punto di vista economico. Lo ha messo in luce una nuova ricerca di Industry super Australia (Isa), società assicurativa australiana, secondo la quale un abbattimento dei costi di questo tipo aiuterebbe anche a colmare il divario tra uomini e donne in ambito pensionistico. In Australia, infatti, le lavoratrici godono mediamente di una pensione inferiore di un terzo rispetto ai lavoratori per ragioni legate anche alla maggiore quantità di tempo trascorsa senza lavorare per prendersi cura dei figli. Anche nel Vecchio Continente, secondo un recente rapporto della Commissione europea, le pensioni maschili registrano cifre maggiori del 40% rispetto a quelle femminili. L’Italia si attesta intorno al 36%.

 

Tornando all’Australia, è emerso che se dal 2022 diminuissero i costi dell’assistenza all’infanzia le pensioni australiane crescerebbero nel loro complesso di 35 miliardi di dollari (317 miliardi di euro circa) entro il 2050. Secondo la testata britannica Guardian, fino a poco tempo fa il Governo sovvenzionava fino all’85% dei costi per l’assistenza all’infanzia per le famiglie a basso reddito, ma gli aiuti diminuiscono di un punto percentuale per ogni 3mila dollari (circa 2.700 euro) che una famiglia guadagna se quest’ultima supera i 70mila dollari (circa 63mila euro) all’anno: una politica che, secondo le rilevazioni dell’ente di ricerca indipendente Grattan Institute, scoraggia le donne con bambini piccoli dal lavorare più di tre giorni alla settimana.

 

Una battaglia tra le tante

 

A partire dal rapporto dell’Isa, Deloitte ha elaborato un prospetto provando ad aumentare le sovvenzioni governative dall’85% al ​​95% per le famiglie a basso reddito e riducendo la curva che penalizza le famiglie che superano i 70mila dollari all’anno. Secondo i dati della società di consulenza, con queste variazioni una donna che guadagna uno stipendio medio avrebbe per sé 118mila dollari in più entro il momento della pensione, considerando che tali cambiamenti le permetterebbero di lavorare cinque giorni alla settimana anziché due. Una donna che fa parte di una coppia a basso reddito guadagnerebbe invece 69mila dollari (62mila euro circa) in più.

 

Il rapporto citato è il secondo di una serie alla quale l’Isa si sta dedicando sul tema dei divari pensionistici. “Un servizio di assistenza all’infanzia più conveniente combinato con l’assegnazione di un super congedo parentale farebbe in modo che le mamme non siano lasciate indietro quando hanno figli”, ha commentato Georgia Brumby, Direttrice dell’area Advocacy della società assicurativa australiana. Dal suo punto di vista, rendere servizi di questo tipo più accessibili avrebbe l’effetto positivo di aumentare i risparmi pensionistici, ridurre il divario di genere e anche i futuri costi pensionistici.

 

Obiettivi, però, ancora lontani: sono molti i fattori che contribuiscono a far sì che le donne arrivino all’età della pensione con meno contributi maturati. Tra questi, una forte sottorappresentazione nella forza lavoro, la presenza di retribuzioni inferiori nei settori con una maggiore presenza femminile, il divario retributivo di genere, la mancanza di flessibilità da parte dei datori di lavoro rispetto alle responsabilità genitoriali, le persistenti discriminazioni per assunzioni e aumenti di stipendio e il pregiudizio radicato che le attività di cura dei figli portate avanti da una donna non possano essere in alcun modo considerate un lavoro meritevole di retribuzione. Sono diverse, dunque, le sfere dove sarebbe necessario intervenire per una maggiore parità nel mondo del lavoro. Per l’Isa l’abbattimento dei costi dei servizi di assistenza all’infanzia è un primo passo.

 

Fonte: The Guardian

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