Whistleblowing: dal 15 luglio in vigore la normativa a tutela dei dipendenti
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Whistleblowing: dal 15 luglio in vigore la normativa a tutela dei dipendenti

I primi doversi adeguare sono gli enti pubblici e le aziende con oltre 250 dipendenti. A dicembre sarà il turno di quelle con almeno 50 addetti

 

Quando si parla di Whistleblowing si intende una procedura, attraverso la quale i lavoratori di una certa impresa o ente pubblico (ma può trattarsi anche di parti terze) segnalano comportamenti illeciti o reati all’interno del proprio ambiente di lavoro. Una pratica che dovrebbe prevedere la tutela del “whistleblower”, che invece troppo spesso manca, ma le cose stanno per cambiare. Dal prossimo 15 luglio, infatti, in Italia (dove alcuni tentativi più blandi erano già stati fatti negli ultimi anni) entrerà in vigore la direttiva europea 2019/1937, a cui l’Italia ha dato attuazione tramite il D.lgs. 10 marzo 2023 n. 24, che prevede maggiori tutele per chi segnalerà eventuali violazioni.

 

 

La normativa sul Whistleblowing riguarderà fin da subito enti statali e imprese con almeno 250 addetti, mentre dal 17 dicembre sarà in vigore anche per le aziende con almeno 50 lavoratori. Non c’è un numero minimo di lavoratori, invece, per le imprese che operano nei mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio, sicurezza dei trasporti e tutela dell’ambiente.

 

 

La norma prevede la formazione di un canale di segnalazione interno che dovrà garantire la riservatezza del segnalante per evitare eventuali ritorsioni, in attesa delle linee guida dell’Anac (Autorità nazionale anticorruzione) per le procedure e la gestione delle segnalazioni esterne. Infine è previsto un terzo canale di diffusione, quello che passa dalla divulgazione pubblica. Per la costituzione del canale interno la norma prevede: l’individuazione di una figura da incaricare agli adempimenti, la formazione delle figure individuate e la dotazione di strumenti in grado di cancellare tutte le informazioni “manifestamente non utili” ai fini della segnalazione ed estende la tutela. Per quanto riguarda le sanzioni, infine, l’unico soggetto competente a valutare le sanzioni è l’ANAC, che potrà applicare sanzioni amministrative fino a 50.000 euro.

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